Gli ultimi anni hanno visto emergere diverse tematiche che hanno cominciato piano piano ad assumere un ruolo centrale nei dibattiti di tutti i giorni. Per quanto questi temi non si possano definire ‘’nuovi’’, non si può negare che stiano riemergendo sotto una nuova prospettiva. Uno di questo è il rapporto che lega linguaggio e inclusività.
Mai come in questo periodo in cui la comunicazione ha assunto un ruolo determinante nella nostra vita, soprattutto grazie ai social network, ci siamo resi conto del potere della parola e della sua capacità di influenzare i pensieri e la società, permettendoci di osservare il mondo da nuove prospettive, sia esterne che interne, e di come sia capace di valorizzare, alienare o addirittura cancellare intere categorie di individui.
In questo contesto, la traduzione riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo di una società più inclusiva e consapevole. La nostra è un’attività fondamentale e necessaria che permette di abbattere le barriere linguistiche che impediscono l’incontro di culture lontane e diverse, promuovendo così l’accessibilità, il dialogo, la diversità e la tolleranza. La traduzione assume sempre una responsabilità sociale e non può tirarsi indietro dal promuovere un linguaggio inclusivo che permetta a ciascuna categoria di sentirsi rappresentata.
In questo articolo, analizzeremo le ragioni che rendono la traduzione un mezzo necessario per la promozione del linguaggio inclusivo, insieme alle principali difficoltà linguistiche che si possono incontrare in fase di traduzione, soprattutto per quello che riguarda la lingua italiana.
Qualche definizione
Quando parliamo di linguaggio inclusivo intendiamo l’uso di parole, espressioni o termini che non escludano o che non facciano trasparire alcun tipo di pregiudizio verso particolari gruppi di persone sulla base del genere, dell’età, dell’orientamento sessuale o delle disabilità.
Giudicare il linguaggio inclusivo come un prodotto della ‘’moda di oggi’’ o un di un atteggiamento politically correct significa non solo ignorare il potere e l’influenza delle parole sulla nostra psiche e sulle nostre emozioni, ma anche negare il ruolo centrale che il linguaggio riveste nella nostra vita sociale.
Le parole sono in grado di far emergere le sfumature più sottili e nascoste dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, del nostro rapporto col mondo. Sono in grado di influenzare il pensiero, le opinioni e avere ripercussioni emotive e psicologiche in grado di influenzare la vita e il ruolo nella società di ogni singola persona.
Utilizzare un linguaggio inclusivo significa considerare e abbracciare la diversità in tutte le sfere del nostro vivere sociale, comunicare a quelle categorie che soffrono di una situazione di disuguaglianza sociale che esistono e che ricoprono un ruolo fondamentale tanto quanto le categorie più privilegiate.
Linguaggio inclusivo e lingua italiana
La lingua italiana, simile ad altre lingue romanze come lo spagnolo e il francese, presenta particolari difficoltà ad adattarsi al linguaggio inclusivo, soprattutto per quello che riguarda il genere. Rispetto ad altre lingue, il genere grammaticale dei nomi, degli aggettivi e dei pronomi è prettamente binario, ovvero può essere solo maschile o femminile.
Nel caso degli oggetti inanimati, dei gruppi indefiniti o dei concetti astratti, l’attribuzione del genere si riduce a una pura convenzione linguistica, dove viene generalmente applicato il maschile sovraesteso, ovvero l’utilizzo del maschile come genere neutro (es. ‘’Buongiorno a Tutti!’’).
Il genere di un nome o di un aggettivo viene spesso attribuito in maniera totalmente arbitraria (basti notare come certi nomi cambino totalmente genere nel passaggio da una lingua all’altra). In altri casi, il genere maschile viene dato di default nonostante esista il corrispondente femminile di tale nome, come è il caso dei nomi dei mestieri (es. Lei è un avvocato, medico, sindaco, ecc.).
Perché si utilizza il maschile sovraesteso invece del neutro, come accade per altre lingue come il russo o l’inglese o, in generale, perché il genere maschile è quello predominante nella nostra lingua?
Non esiste spiegazione che sia davvero soddisfacente dal punto di vista grammaticale. A volte dobbiamo accontentarci di un ‘’è così e basta’’ o del fatto che certi sostantivi, pronunciati per anni al maschile, al femminile suonano semplicemente ‘’male’’ o ‘’strani’’ come ‘’sindaca’ o ‘’avvocata’’. Oppure, possiamo considerare le regole della nostra grammatica come il retaggio di una società essenzialmente patriarcale, dove la figura maschile ha sempre occupato uno spazio privilegiato nella società, soprattutto per quello che riguarda certe posizioni lavorative di prestigio o di alto livello (il medico, l’avvocato e il sindaco citati poco prima).
Se vogliamo prendere in considerazione l’influenza della società sulla nostra lingua e il modo in cui questa è in grado di ribaltare le dinamiche sociali, capirete perché la necessità di rendere il linguaggio più inclusivo venga considerata una questione di primaria importanza.
Negli ultimi tempi si è ricorso ad espedienti grafici per ovviare la mancanza di neutralità nella lingua italiana, come l’asterisco, la ‘’x’’ o la ‘’@’’. Il più noto, e più dibattuto, di questi espedienti è la schwa, espressa con il segno grafico ‘’ ǝ’’, inserita al posto delle vocali finali che indicano il genere del nome o dell’aggettivo. I detrattori della schwa basano le loro critiche principalmente sulla leggibilità della parola e in generale della frase che contiene la parola ‘’trattata’’ con la scwha (da rendere come una sorta di ‘’u’’, quindi simile a ‘’ciao a tuttu’’).
Le ragioni più profonde e, probabilmente, più ciniche che possono nascondersi dietro le accuse di ‘’illegibilità’’ andrebbero analizzata in un’altra sede.
Ciò che ci preme maggiormente sottolineare in questo articolo, oltre all’importanza del linguaggio di genere nella lingua, sono le possibili soluzioni traduttive adottabili per mantenere l’inclusività nel passaggio da una lingua all’altra.
Soluzioni per rendere il linguaggio inclusivo nella traduzione
Più che soluzioni tecniche, chi traduce un testo di cui intende conservare un linguaggio inclusivo deve ricorrere a una serie di stratagemmi spesso dettati dall’astuzia o dall’immaginazione, ovviamente il tutto sorretto da una solida base linguistica che permetta di compiere determinate ‘’manovre’’ senza alterare o snaturare il messaggio del testo.
La prima di queste soluzioni consiste nell’estendere certe espressioni anteponendo il femminile al maschile. Quindi, ‘’i dottori’’ diventano ‘’le dottoresse e i dottori’’; ‘’buongiorno a tutti’’ diventa ‘’Buongiorno a tutte e a tutti’’ (bisogna aggiungere che questo si fa già in francese, con espressioni come ‘’bonjour à toutes et à tous’’. Una soluzione che potrebbe compromettere la leggibilità e la fluidità di una frase, certo, ma permette allo stesso tempo di includere entrambi i generi.
Una seconda soluzione consiste nel sostituire determinati termini con il loro corrispettivo neutro. Ad esempio, ‘’Siete contenti della scelta che avete fatto?’’ può diventare ‘’Siete felici della scelta che avete fatto?’’. Una soluzione preferibile se si vuole eliminare la differenza di genere di una frase senza comprometterne la leggibilità.
In alternativa, è possibile ricorrere ai pronomi per conferire una maggiore neutralità al soggetto. Una frase come ‘’I lettori hanno apprezzato il libro’’ è riadattabile con il pronome ‘’chi’’ ed essere trasformata in ‘’Chi ha letto il libro lo ha apprezzato’’.
Le soluzioni a disposizione sono tante quanto le tipologie di testo con cui ci ritroveremo a confrontarci. La grammatica e il lessico verranno sempre in nostro aiuto in qualunque situazione intendiamo mantenere la neutralità di genere nel testo. In ogni caso, dobbiamo tenere a mente i requisiti fondamentali che rendono ogni traduzione autentica e fedele:
- Autenticità: il testo tradotto deve riflettere l’autenticità del testo di partenza, non solo a livello linguistico ma di contenuto. Questo problema si pone in particolare con la traduzione dei testi letterari. Se, ad esempio, nel testo è necessario mantenere un certo tipo di linguaggio potenzialmente dannoso e offensivo necessario per sviluppare una certa tematica, è imperativo mantenere intatta la natura del testo.
- Leggibilità: le soluzioni adottate non devono mai inficiare la leggibilità e la comprensibilità del testo. Dovremmo, quindi, evitare di rendere la lettura più complicata e i contenuti inaccessibili, mantenendo un buon equilibrio tra leggibilità e inclusività.
Essenzialmente, il nostro compito consisterà nel mantenere un buon equilibrio tra leggibilità, autenticità e inclusione in grado di rispettare la cadenza, il ritmo e le sfumature culturali della nostra lingua. L’unico modo per mantenere questo equilibrio è possedere gli strumenti necessari per qualunque lavoro di traduzione, specialmente una conoscenza profonda delle sfumature culturali della lingua italiana e della lingua di partenza o di arrivo.
Il rapporto che sussiste tra traduzione e linguaggio inclusivo è particolarmente delicato nel nostro mestiere, ma assolutamente necessario, poiché ci pone di fronte a una nuova serie di implicazioni oltre il dilemma quotidiano sul rapporto tra autenticità della lingua e rispetto delle norme linguistiche.
In aggiunta, evidenzia il nostro ruolo di comunicatori culturali, per cui è necessario non omettere alcun tipo di sfumatura che comunichi un senso di inclusività che la rigidità della nostra lingua non ci permetterebbe di esprimere appieno, garantendo il rispetto dell’identità culturale, di genere e sociale dei fruitori della traduzione orale o scritta che sia.
Come ogni testo e attività comunicativa, la traduzione, nella sua funzione originale di abbattere le barriere linguistiche e sociali di ogni sorta, ha un ruolo cruciale nella creazione di una società più aperta e inclusiva, in grado di abbracciare la diversità e comprenderla senza pregiudizi.